Dati e intelligenza artificiale cambiano il mondo delle HR

Secondo uno studio di Manpower, la crescente diffusione della robotica e dell’intelligenza artificiale non comporterà la riduzione del numero degli occupati, ma sta già spingendo le aziende a cercare nuove competenze

Pubblicato il 18 Mar 2019

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Il massiccio utilizzo dei dati e gli algoritmi di intelligenza artificiale stanno cambiando il panorama del mondo del lavoro, dove il progressivo avanzare della robotica e dell’automazione sta facendo sorgere più di un dubbio sulla sostenibilità dal punto di vista del numero degli occupati. Timori che, però, secondo uno studio recentemente rilasciato da Manpower (Humans Wanted: Robot Need You), dovrebbero essere superati. L’aspetto più interessante che arriva dalla ricerca è che la grande maggioranza delle organizzazioni (87%) hanno in programma di aumentare o mantenere il proprio personale proprio come risultato della maggiore automazione. Dunque sembra proprio che, anziché ridurre le opportunità di lavoro, la digitalizzazione e la robotizzazione crei le premesse per la nascita di nuova occupazione. Non a caso, le aziende si stanno organizzando in maniera tale che la loro forza lavoro umana possa svolgere ruoli nuovi e complementari rispetto a quelli realizzati dalle macchine. Per questo servono competenze tecniche certo, ma anche trasversali o soft, che peraltro sono le più difficili da insegnare. I candidati che possiedono maggiori capacità comunicative o creative hanno maggiori possibilità di successo nel corso della propria carriera, dal momento che il report segnala in forte aumento la ricerca di figure con queste competenze.

Il report, che è stato presentato a Milano nei giorni scorsi da Manpower, è stato un’occasione per un dibattito sul tema dell’influenza delle nuove tecnologie sul settore HR: secondo l’analisi di Bruno Lepri – Head of Mobile and Social Computing Lab at FBK and Visiting Researcher at MIT Media Lab, il mondo delle risorse umane è uno dei settori in cui la Ai ha più possibilità di azione, rispetto ad altri ambiti come quello bancario e assicurativo in cui è più difficile accettare decisioni prese in base agli algoritmi. Siamo arrivati a un punto in cui, grazie a semplici interviste di selezione via Skype, l’intelligenza artificiale permette di comprendere i tratti della personalità di un individuo, la sua propensione alla leadership, ecc. Al momento, però, gli algoritmi non hanno ancora la capacità di essere preparati al totale imprevisto.Per questo motivo il ruolo della componente umana deve essere anche quello di vigilare e, se possibile, correggere l’algoritmo, grazie alla nostra capacità di prendere decisioni basate sul buon senso.

Relativamente al rapporto più complessivo con i Big Data, Raffaella Temporiti – Responsabile Risorse Umane Accenture ICEG (Italia, Europa Centrale e Greci, ormai buona parte delle grandi organizzazioni a livello globale utilizzano tecnologie e intelligenti che mettono costantemente in relazione uomo e macchina, che generano un volume spropositato di dati. Questi dati possono essere naturalmente utilizzati per aumentare la competitività aziendale ma, d’altra parte, devono essere maneggiati con cura, specie in tempi di grande attenzione alla privacy. Ecco perché è necessario impostare una strategia aziendale impostata alla forte trasparenza, che permetta a dipendenti e collaboratori di comprendere il reale valore dell’utilizzo dei dati.

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