Data literacy: cos’è e a cosa serve l’alfabetizzazione dei dati 

Trasformare un’azienda in una data-driven company richiede una cultura centrata sui dati. La data literacy rappresenta una parte cruciale di questa trasformazione in cui l’alfabetizzazione dei dati è una delle priorità per i dipendenti aziendali

Pubblicato il 16 Set 2021

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La società d’analisi Gartner definisce la data literacy una parte essenziale della cultura data-driven. Ma per trasformare un’azienda in una data-driven company è necessario focalizzarsi sugli aspetti che generano valore. I dati in sé non hanno valore, ma si crea valore da come vengono raccolti i dati, come vengono preparati, analizzati o usati per supportare casi d’uso aziendali di successo con le data strategy di fascia enterprise.

Data literacy

Cos’è la data literacy

La data literacy è la capacità di leggere, capire, creare e comunicare le informazioni, dunque la capacità di conferire significato ai dati, di interpretarli correttamente e di raccontare un fenomeno mediante i dati, selezionando in maniera opportuna le informazioni più rilevanti.

La data literacy è l’alfabetizzazione ai dati e si focalizza sulle competenze legate al lavorare con i dati. Come literacy (letteralmente: alfabetizzazione) si riferisce alle skill necessarie per leggere e interpretare un testo, così la data literacy, l’alfabetizzazione dei dati, richiede le competenze per creare l’ambiente fertile per estrarre valori dai dati.

Perché è importante l’alfabetizzazione dei dati per le aziende

La data literacy è importante in un’azienda perché nell’era della gestione del dato in tutte le sue forme può aiutare a basare la sicurezza della propria catena produttiva sul machine learning, orientare il marketing tramite campagne automatizzate, fornire assistenza ai clienti via servizi di intelligenza artificiale e così via. Tutto ciò che serve a un’impresa a migliorare produttività e competitività.

Man mano che l’analisi dei dati e i big data diventano centrali nel business di un’azienda governata dai dati, la data literacy è irrinunciabile in ambito enterprise. Essa è associata con la data science e consente ai dipendenti di ogni livello di porre le domande giuste a macchine e a dati, per creare valore aggiunto, prendere le migliori decisioni e comunicare il significato agli altri.

L’alfabetizzazione dei dati trasforma il business aziendale e migliora la fidelizzazione della forza lavoro che, dall’empowerment, trae energia per migliorarsi nello sviluppo professionale e per aiutare l’azienda data-driven ad essere competitiva in un mercato sempre più aggressivo.

Quali sono i vantaggi della data literacy

La data literacy offre a un’azienda il vantaggio di rispondere tempestivamente in contesti competitivi in cui i consumatori sono sempre più esigenti, grazie a processi decisionali data-driven.

Un’azienda data-driven è più competitiva nell’economia globale grazie alle competenze dei suoi dipendenti. Infatti la data literacy deve diventare skill trasversale, accessibile a diverse figure aziendali ai vari livelli, e non più solo riservata agli specialisti.

Grazie alla data literacy, la gestione dei dati non è più solo un problema dell’IT, ma un’opportunità per top e middle management di essere aggiornati, in tempo reale e direttamente da un’app mobile, sulla situazione produttiva o di vendite.

La data literacy – pur non sostituendo mai la data science – migliora il processo decisionale del top e middle management, che è in grado di accedere a informazioni cruciali in maniera più rapida e immediata, grazie a grafici innovativi, dinamici e interattivi, senza dover aspettare una reportistica periodica e statica.

Quali sono le caratteristiche principali della data literacy

L’alfabetizzazione dei dati ha le seguenti caratteristiche:

  • Business intelligence;
  • Data visualization;
  • Self-service data analytics;
  • Data quality.

Business intelligence

La business intelligence (BI) permette alle aziende di prendere decisioni più efficaci, mostrando dati attuali e storici all’interno del contesto aziendale. La BI è un insieme di processi e strumenti che consentono alle aziende di raggruppare dati provenienti da fonti diverse, analizzarli ed estrarne decisioni strategiche.

Per supportare la data literacy, la business intelligence – il cui compito consiste nel presentare i risultati analitici sotto forma di dashboard, grafici, report, grafici eccetera – si è arricchita con nuove funzionalità, in direzione di una migliore user experience di utenti non analisti dei dati, ma con il bisogno di accedere alle informazioni in maniera più tempestiva e semplice.

Data visualization

I software di data visualization più evoluti offrono la possibilità di accedere a dati e insight in maniera più rapida e autonoma. La data visualization vanta l’opportunità non solo di realizzare i grafici standard (per esempio grafici a torta, istogrammi, grafici lineari eccetera) in modalità user-friendly, ma consente anche di costruire modelli predittivi, modificare i dati, integrare nuove fonti di dati, creare query complesse e analizzare dati non strutturati. Il tutto senza dover possedere competenze di programmazione, ma in logica totalmente code-free, dove è sufficiente accedere a menu preimpostati e grazie al supporto della visualizzazione.
Le dashboard a disposizione sono sempre più dinamiche e interattive: basta accedere alle app mobili per ottenere aggiornamenti in tempo reale della situazione produttiva o delle vendite di uno store.

Self-service data analytics

Un’azienda data-driven ripensa la modalità d’interazione con i dati, abbracciando una maggiore autonomia degli utenti di business. Questa tendenza è stata definita self-service data analytics. Si tratta della diffusione di tool che consentono agli utenti business di gestire autonomamente il processo d’interrogazione dei dati: spaziando dall’esplorazione all’analisi, fino alla visualizzazione degli insight.

Sempre più il top e middle management chiedono di accedere alle informazioni in maniera più rapida, oltre una reportistica statica, standardizzata e periodica.

L’approccio self-service aiuta a valorizzare le specifiche competenze, delegando alle figure specialistiche (i Data scientist) attività a maggior valore aggiunto, e a rendere più performanti le attività di reporting più tradizionali.

Data quality

La qualità dei dati serve a ripulire e gestire i dati, rendendoli contemporaneamente disponibili in azienda. I dati di alta qualità permettono ai sistemi di integrare tutti i dati correlati per offrire una visione completa, comprese le interrelazioni. Dalla qualità dei dati dipende l’affidabilità del processo decisionale.

Integrare nelle funzioni aziendali anche quella del Data quality management comporta un ritorno sull’investimento in ambito dati, non solo dal punto di vista monetario ma anche dal punto di vista del tempo delle risorse aziendali.

data literacy

Cosa deve fare un’azienda per sviluppare una migliore cultura del dato?

Un’azienda che vuole abbracciare la trasformazione digitale con orientamento data-driven, deve seguire le seguenti mosse:

  • rendere priorità il cambiamento culturale;
  • definire con chiarezza il ruolo del Chief Data Officer (Cdo); imparare a monetizzare i propri dati;
  • adottare le best practice per promuovere la trasformazione enterprise in ottica data-driven.

Priorità: il cambiamento culturale

Una trasformazione che parte dalla valorizzazione delle competenze: l’azienda che intenda sviluppare una migliore cultura del dato deve assumere un Chief Data Officer (Cdo) e stabilirne subito il ruolo, con decisione e chiarezza.

Il ruolo del Chief Data Officer (Cdo)

Il Chief Data Officer (Cdo) non deve assumere un ruolo amorfo o sperimentale, bensì diventare la figura chiave per agire rapidamente e senza incertezze per determinare le ambizioni data-driven in ambito enterprise, configurarne gli scopi e rimodellare il proprio ruolo in azienda.

Focus sugli asset

Inoltre, l’impresa deve applicare le discipline di asset management per selezionare gli information asset e prendere in prestito le idee da altre industrie e competitor per monetizzare i propri dati.

Le 10 best practice per la data literacy

Adottare le 10 best practice per diventare una data-driven company.
Per promuovere la trasformazione enterprise in ottica data-driven, un’azienda deve adottare le best practice. Una data strategy olistica rappresenta la strategia più efficace. Qui le dieci best practice secondo Gartner:

  1. dare priorità alla data vision, coinvolgendo tutto il top management e dedicando investimenti prioritari;
  2. approccio trasparente: focalizzarsi sui casi d’uso aziendale, rendendo gli impatti positivi di iniziative implementate, ma anche quelli negativi da evitare;
  3. rendere felici i data scientist: questi talenti scarseggiano, ma vanno motivati e resi soddisfatti del loro impegno. Ai data scientist non interessano tanto i benefit aziendali o avanzamenti di carriera, quanto la possibilità di svolgere un lavoro stimolante. È cruciale creare un ambiente di lavoro in grado di attrarre talenti, magari realizzando un centro d’eccellenza, dove i talenti s’ispirino a vicenda e imparino l’uno dall’altro;
  4. la data governance è una giungla ed è vietato perdersi: il modo migliore è allineare la governance di tutte le attività dando priorità ai casi d’uso aziendale (punto 2), per assicurarsi che i dati necessari siano disponibili nella qualità adeguata;
  5. la qualità dei dati non è tutto: deve essere al livello opportuno, senza farne un totem. Bisogna subito capire in quali campi invece la qualità dei dati è cruciale, accettando lacune in altri settori. A questo proposito, è fondamentale definire la KPI del qualità dei dati (Key Quality Indicators, KQI): la trasparenza della data quality, la misurazione del KQI e il report di questo indicatore diventa un driver per migliorare la qualità dei dati sul lungo periodo;
  6. osate un po’ con la privacy, ma siate cauti con la sicurezza: Gartner non consiglia di aggirare la GDPR (costa multe salatissime e viola la normativa), ma di convincere i clienti a effettuare opt-in nel data processing, anche attraverso formule win-win (opt-in in cambio di programmi fedeltà);
  7. l’architettura della trasformazione richiede modalità smart: una data-driven company si fonda ovviamente su un’architettura IT moderna (modulare, flessibile, scalabile, veloce, a valore aggiunto). Come fare? Separando i dati in un data layer dedicato abilita la trasformazione; le impostazioni del data layer ibrido configura di solito magazzini di dati in tempo reale e nuovi data lake, assicurando maggiore facilità a gestire la complessità e a fare leva sulle sinergie di soluzioni standard pre-costruite. I servizi dei dati-chiave vengono esposti e gli elementi dei dati-chiave ottengono una maggiore audience;
  8. bisogna scalare, prima di toccare punto di non ritorno: velocità e risultati tangibili sono essenziali per sviluppare una migliore cultura del dato. Un’architettura scalabile e sostenibile è più facile da implementare un po’ alla volta, rispetto a un full development, senza generare fenomeni di rigetto;
  9. conquistare le menti, i cuori e le mani dei dipendenti: le doti umane sono fondamentali per riuscire nell’impresa. Le menti, per promuovere il valore del business e altri vantaggi razionali; i cuori, per generare passione ed entusiasmo; fornire il training necessario per avere successo (la formazione, per dare competenze a tutti i dipendenti);
  10. imparare dagli altri: molte aziende hanno implementato data strategy negli ultimi anni e non c’è di meglio da fare che imparare la lezione impartita dai pionieri e dai migliori, senza fretta e con umiltà.

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