Cognitive search: cos’è e come vengono usati i dati nella ricerca cognitiva

La cognitive search associa alla pipeline dell’indicizzatore competenze di intelligenza artificiale: come funziona, quali vantaggi e applicazioni

Pubblicato il 18 Mar 2021

Josephine Condemi

giornalista

Foto di Harish Sharma da Pixabay

Cos’è la cognitive search

La cognitive search, o ricerca cognitiva, è un particolare tipo di ricerca di informazioni da dataset che sfrutta il machine learning  e le competenze di intelligenza artificiale per aumentare la velocità del processo e la pertinenza del risultato.

La ricerca cognitiva va oltre le normali capacità dei motori di ricerca perché integra più fonti di dati, anche eterogenee e non strutturate, ed è in grado di comprendere l’intento dell’utente, i modelli e le relazioni esistenti nei diversi dataset.

La cognitive search incrocia le tecniche di indicizzazione e le competenze dell’intelligenza artificiale come l’elaborazione del linguaggio naturale e l’elaborazione delle immagini per accedere a diversi dati in diversi formati (testo, video, immagini, audio), analizzarli attraverso l’apprendimento automatico, trovare le correlazioni nei diversi dataset, ricostruire il contesto da cui estrarre il dato e rispondere alla ricerca in modo sempre più raffinato man mano che il database aumenta.

La pertinenza della risposta nella ricerca è data dalla capacità di analizzare i diversi significati che una parola può assumere nonché il contesto in cui questa è inserita: la cognitive search consente di potenziare l’elaborazione contestuale e quindi l’efficacia di risposta alla query.

Come funziona la ricerca cognitiva e come vengono usati i dati

La ricerca cognitiva deriva intuizioni contestuali da dati concettuali: ovvero, da dati già elaborati e inseriti in correlazioni dall’intelligenza artificiale (dati concettuali), riesce a dedurre gli elementi di contesto più appropriati per rispondere alla domanda dell’utente.

Nei motori di ricerca, i software che analizzano, raccolgono e indicizzano i contenuti di un database (o di una rete) in modo automatizzato si chiamano crawler. I crawler analizzano i diversi dati a disposizione, ne esplorano di nuovi e decidono se aggiungerli (e come) all’indice di ricerca già realizzato.

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Ogni crawler, o indicizzatore, ha una pipeline, cioè diverse componenti software con un flusso di operazioni ben stabilito: nella ricerca cognitiva, alla pipeline dell’indicizzatore vengono associate diverse competenze, dette appunto cognitive, in grado di implementare la capacità di estrazione delle informazioni e di arricchimento del dataset, così da rendere più ricercabili i contenuti nell’indice di ricerca o nell’archivio informazioni, fino ad arrivare ad abilità di ricerca personalizzate per domini di ricerca specifici.

Le competenze usate nella ricerca cognitiva sono tutte di intelligenza artificiale: elaborazione del linguaggio naturale, quindi riconoscimento di entità, rilevamento della lingua e della modifica di un testo, estrazione delle frasi chiave, rilevamento delle informazioni personali; elaborazione delle immagini, quindi riconoscimento ottico dei caratteri (OCR), riconoscimento facciale, interpretazione delle immagini.

Queste competenze consentono di mappare con campi e filtri ricercabili i dati “non strutturati” come le immagini, gli audio, gli stessi testi: l’indicizzazione, e quindi la ricerca cognitiva, saranno molto più appropriati.

Gli indicizzatori in ricerca cognitiva incrociano attraverso queste “mappe” i dati di origine e l’indice, con l’aggiornamento dati: a seconda che vengano eseguiti su richiesta o in modo automatizzato si parla di modello “pull” o “push”.

Un caso di utilizzo di più indicizzatori, necessari per più fonti di dati con variazioni nei parametri di esecuzione, pianificazione o mapping dei campi, è la scalabilità orizzontale tra più aree di ricerca: più copie dello stesso indice di ricerca in diverse aree, ognuna collegata a un indicizzatore che effettua l’estrazione dalla stessa origine dati così da sincronizzare la ricerca. Oppure l’indicizzazione parallela di dataset molto voluminosi, che richiede una strategia ad hoc in cui ogni indicizzatore operi su un particolare sottoinsieme del dataset.

Quali sono i vantaggi della ricerca cognitiva e dove viene applicata

La ricerca cognitiva consente di migliorare la pertinenza e la velocità nelle ricerche nei database. Non a caso la ricerca cognitiva è una parte della knowledge mining, l’“estrazione di conoscenza” dovuta all’AI: la comprensione profonda e l’esplorazione immediata delle informazioni contenute nei dataset consente di individuare dettagli nascosti, trovare relazioni su larga scala e personalizzare le query in base ai contesti.

La ricerca cognitiva supporta infatti l’organizzazione della knowledge base aziendale perché, a prescindere dalla tipologia di documento o oggetto che contiene l’informazione, correla e unifica tutte le informazioni che riguardano un particolare ambito, realizzando sommari legati a uno specifico dominio. Non è più necessario sapere in anticipo dove siano archiviati i dati, in che formato, cosa fare per accedervi.

L’aumento di conoscenza relativa ai processi e il miglioramento dell’efficienza nelle risposte alle domande hanno come conseguenze la semplificazione delle attività e l’ottimizzazione delle performance aziendali: la velocità nell’ottenimento dell’informazione utile garantisce miglior soddisfazione all’utente, sia un membro dello staff sia un cliente.

Un sistema di ricerca performante riduce notevolmente il tempo e lo sforzo dedicato alla ricerca delle informazioni: oltre a eliminare i “tempi morti” delle attese, la ricerca cognitiva snellisce tutte le procedure di gestione documentale e organizzazione degli archivi, con una complessiva riduzione dei costi operativi. Aumenta quindi il tempo “liberato” per la gestione di attività ad alto valore aggiunto.

I sistemi di ricerca cognitiva, basati anche sul machine learning, sono progettati per migliorarsi continuamente e adattarsi ai cambiamenti dei dati inseriti: un’unica funzione di ricerca, senza tante applicazioni, che si aggiorna automaticamente.

Nel settore bancario, la ricerca cognitiva aiuta a creare liste istantanee, a 360 gradi, su clienti, portafogli, obiettivi di contratto, performance, nonché ad avere un accesso alle informazioni unificato su fonti dati interne ed esterne, quindi ad identificare rapidamente opportunità di upselling e crossselling.

Nel settore manifatturiero, la ricerca cognitiva consente di esaminare fonti di dati, strutturati e non, e di applicare modelli analitici avanzati per trovare correlazioni significative che migliorino la gestione degli asset, il controllo di produzione, la sicurezza aziendale, il controllo qualità, il monitoraggio dei processi e, non ultima, la manutenzione predittiva. L’accesso e l’elaborazione su dataset provenienti da fonti diverse porta infatti gli algoritmi a non basarsi solo sullo storico per fare previsioni, ma ad essere arricchiti dai dati provenienti dai registri dei tecnici, dei manutentori, dalle mail e dalle immagini.

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Non ultimo, la ricerca cognitiva è utilizzata nel marketing per migliorare le attività di rigeneration, di conversione delle campagne, di identificazione di strategie ed azioni, perché aiuta a capire come si muovono i clienti nei diversi punti di contatto con il prodotto/servizio. Una delle applicazioni della ricerca cognitiva è il chatbot, diffusissimo nelle prime interazioni nel customer service.

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