Demand Planning: analytics e machine learning per un processo sempre più legato al business

La funzione di demand planning assume una importanza così rilevante all’interno della supply chain e delle aziende, supportata da tecnologie e da una precisa strategia aziendale

Pubblicato il 09 Gen 2019

Porini - Demand Planning

Quando si parla di previsioni, in termini di unità prodotte, vendute, consegnate, uno dei problemi maggiori non è quello di presentare stime ragionevoli e accurate rispetto al proprio mercato di riferimento e alle possibili oscillazioni – in positivo e in negativo – della domanda.
Ancora più importante, in questa fase, è fare in modo che l’intera filiera concordi sulle stime e che sia in grado di allinearvi la propria operatività: dai fornitori di materie prime ai responsabili di produzione, dal dipartimento finance al reparto vendite, dalla logistica alla distribuzione.

È per questo che la funzione di demand planning assume una importanza così rilevante all’interno della supply chain.

Cosa è il Demand Planning e perché è così importante

Con Demand Planning si intende il processo che porta a prevedere la domanda di un prodotto o di un servizio, così da poter soddisfare la richiesta in modo efficiente, garantendo da un lato gli economics, dall’altro la soddisfazione dell’utente finale.

È una funzione che attiene all’ambito del supply chain management e che vede il coinvolgimento di diversi attori, dai responsabili vendite al marketing, fino ai responsabili di produzione. In alcune realtà, nelle quali i cicli di produzione e le filiere sono particolarmente complessi, è prevista anche la presenza di figure specifiche, come i demand planner o i demand planning analyst.

Si tratta comunque di una funzione che prevede un lavoro di team, con il coinvolgimento delle diverse line of business, e il cui compito è l’elaborazione di una previsione statistica a partire da tutte le informazioni disponibili, come dati storici sulle vendite, analisi di mercato, ricerche di mercato…, integrate con dati aggiornati e puntuali relativi alla vendita di un determinato prodotto o di un prodotto concorrente.
Soprattutto nella fase iniziale dell’analisi, la funzione Demand Planning lavora – o dovrebbe lavorare – in stretto coordinamento con le funzioni sales and operations planning (S&OP) e material requirements planning (MRP), proprio con l’obiettivo di allineare domanda e produzione in tutte le fasi.
Questo processo di armonizzazione è l’aspetto più critico: la “dissonanza” tra le diverse funzioni si traduce in una perdita di efficienza e di competitività.

Requisito numero uno: integrazione

Tradizionalmente, lo strumento più utilizzato per la realizzazione di analisi previsionali è rappresentato dai fogli di calcolo, popolati con dati spesso inseriti e validati manualmente dal personale di staff. Un processo oneroso dal punto di vista delle risorse, e non alieno da errori e da incongruenze, soprattutto laddove i diversi dipartimenti utilizzano set di dati diversi.

La prima necessità, dunque, è quella di integrare le diverse fonti di dati, con l’obiettivo di arrivare a lavorare su una vista unificata, univoca e consistente, l’unica in grado di garantire un processo di pianificazione efficace.
La seconda necessità è quella di rompere i silos che spesso separano le attività di pianificazione operativa da quelle di pianificazione finanziaria, creando scollamento e rendendo più difficile l’allocazione delle risorse.

Requisito numero due: metodo

È chiaro che alla base di un approccio moderno al demand planning servono strumenti di analytics avanzati, ma è altrettanto chiaro che prima ancora della tecnologia serve un approccio metodologico ben definito, che potremmo qui riassumere in quattro fasi.

In primo luogo, la definizione degli obiettivi.
Non sembri banale, ma qualsiasi analisi ha bisogno di un perimetro ben definito. Che si tratti di qualcosa di ricorrente, come un ciclo previsionale mensile, per allineare i reparti di produzione, o di qualcosa di più complesso e specifico, come un’analisi previsionale relativa al lancio di un nuovo prodotto, la prima cosa da fare è capire il perimetro all’interno del quale l’analisi dovrà essere condotta, in termini temporali, in termini di mercato, in termini di prodotto.
La seconda fase è tutta incentrata sui dati o, per essere più precisi, sulla raccolta e sulla preparazione dei dati. I dati devono essere selezionati, puliti, trasformati perché diventino informazioni fruibili e infine integrati.
Nel caso di cicli previsionali mensili, è necessario aggiornare i data set esistenti con nuove serie storiche.
In questa fase, indispensabile è la verifica che i dati siano non solo nel formato corretto, ma che i termini nei quali i dati vengono visualizzati corrispondano ai requisiti del forecast.
Questo significa, in altri termini, prevedere una fase di normalizzazione su tutti i dataset utilizzati.

La terza fase è quella della modellizzazione.
Per poter definire un’analisi predittiva, è importante impostare una tecnica di modellazione, generare un test, costruire un modello sul quale condurre poi azioni di assessment e di allineamento. Tutto questo tenendo conto che sono tutte azioni che richiedono successive fasi di revisione.

Infine, l’ultima fase è quella specifica dell’output. Nessuna analisi predittiva ha davvero senso se non viene correttamente comunicata, utilizzata e verificata. Questo significa che è necessaria una fase di attenta presentazione dei risultati ai soggetti interessati, in termini per loro comprensibili e, soprattutto, “actionable”, così da tradurre in azione ciò che dalle analisi si evince. In questa fase è importante, dunque, confrontarsi si nuovo con tutte le figure e le linee coinvolte.

Demand Planning: cosa sta cambiando

In una fase di digital transformation sempre più pervasiva, anche il ruolo del demand planner sta cambiando in modo significativo e ancor di più è destinato a cambiare, mano a mano che nuove leve tecnologiche verranno introdotte in azienda a supporto del suo lavoro.
Se finora si è pensato al demand planner come a una figura il cui compito era primariamente quello di fornire stime accurate su una supply chain basata solo su dati storici e sugli input provenienti dai venditori, ora il focus inevitabilmente si amplia. Non si tratta solo di dare informazioni puntuali sulla supply chain: è l’intera azienda che ha bisogno di ricevere insight su quanto sta accadendo per poter migliorare la propria profittabilità.

Perché questo accada, è necessario disporre di analisi più complete e dettagliate e di risposte più rapide.

Sono interessanti, al riguardo, i risultati di una survey condotta ancora lo scorso anno dall’Institute of Business Forecasting, attraverso la quale si cercava di comprendere nell’arco dei prossimi otto anni quali potrebbero essere le competenze maggiormente richieste alle figure che si occupano di demand planning.
Dal punto di vista delle figure professionali, è interessante notare come l’Advanced Decision Making, ovvero la capacità di sintetizzare dati e informazioni e le competenze analitiche siano di gran lunga le competenze maggiormente citate dai rispondenti.
Segno, si sottolinea, della crescente importanza attribuita alla capacità di applicare insight quantitativi a contesti di business più ampi.

Demand Planning
Source – Institute of Business Forecasting

La figura del demand planner viene, dunque, vista come sinergica rispetto a molte altre funzioni aziendali e ben posizionata per aiutare l’intera struttura aziendale a sviluppare una vision più completa su quanto accade e quanto dovrebbe accadere in futuro. È una figura il cui ambito operativo non si limita all’analisi tecnica del dato, ma si amplia fino alla possibilità di sviluppare progetti analitici basati sulla raccolta e sulla visualizzazione di dati di business.

Quali processi sono maggiormente impattati dal Demand Planning

La stessa ricerca condotta dall’Institute of Business Forecasting ha cercato di analizzare, sempre in una prospettiva di medio termine, in quali processi si sentirà maggiormente l’impatto del Demand Planning.
La risposta, che possiamo vedere sintetizzata dal grafico qui in calce, è abbastanza chiara.
Si parla infatti di Advanced Sales & Operations Planning, vale a dire di una sempre più stretta integrazione tra le strategie legate alle operation e quelle correlate alle performance finanziarie aziendali, di Financial Planning & Analysis, ovvero delle strategie finanziarie di più lungo termine, di PLM, quindi di gestione del ciclo di vita del prodotti, e ancora di Business Efficiency Planning, di Enterprise Risk Management…
A prima vista, sembrerebbe una visione abbastanza tradizionale, o per lo meno non dissimile da quanto non ci si dovrebbe aspettare.
L’unica nota, che l’Istituto mette in evidenza, è che si tratta comunque di un approccio già “avanzato”, che tende sempre di più a legare il Demand Planning non solo alle attività di filiera, ma a una più completa visione, di business.

Demand Planning
Source – Institute of Business Forecasting

Quali tecnologie per il Demand Planning

Dopo aver analizzato persone e processi, è chiaro che lo studio condotto dall’Institute for Business Forecasting non poteva non analizzare l’aspetto tecnologico, cercando di mettere in evidenza quali tecnologie, entro il 2025, maggiormente influenzeranno le attività di Demand Planning.
Il risultato, anche in questo caso, è presentato nel grafico qui in calce.
Non è una sorpresa che al primo posto i rispondenti abbiano indicato Machine Learning e Artificial Intelligence, seguiti dalle advanced analytics.
In fondo, anche in questo caso, non stiamo parlando di concetti del tutto nuovi: da tempo chi si occupa di progetti previsionali utilizza algoritmi, reti neurali, regole associative, alberi decisionali, reti bayesiane…
La differenza rispetto al passato è la loro accessibilità, è la possibilità di applicare automaticamente complessi calcoli matematici ai Big Data e con una velocità non sperimentata in precedenza.

Demand Planning
Source – Institute of Business Forecasting

È un risultato, quello che emerge da questa analisi, che trova conferma in una ulteriore ricerca condotta in questo caso da Forrester, dalla quale si evince che il 55% delle organizzazioni ha in programma importanti investimenti in Intelligenza Artificiale nei prossimi due anni.
Nella logica del Demand Planning, queste tecnologie alleggeriranno i responsabili di questa attività dalle attività più routinarie di monitoraggio, lasciando loro il tempo di dedicarsi a task più complessi a beneficio dell’intero business e dell’intera organizzazione.

Demand Planning, la visione di Porini

Tommaso Pozzi - Porini

Al tema Demand Planning & Forecasting, Porini, storico Partner Microsoft e Global ISV della società, ha dedicato una practice specifica, basata su tecnologie Microsoft e sul cloud Azure.
Spiega Tommaso Pozzi, Chief Sales Officer della società: “Con la nostra soluzione Porini Analytics for Operations indirizziamo tutte quelle figure professionali che seguono le tematiche di pianificazione, dal supply chain manager, al retail manager, al responsabile delle operation. Con la nostra soluzione li abilitiamo a prevedere la domanda utilizzando un modello algoritmico sviluppato da noi”.
Il modello di Porini prende in esame le serie storiche, incrociandole con dati eterogenei, provenienti da fonti pubbliche e dai social.
“L’obiettivo è ottimizzare il replenishment e i flussi lungo la catena del valore”, precisa Pozzi, che aggiunge: “La nostra soluzione è sviluppata sul cloud Microsoft, ed è dunque utilizzabile in modalità as a service. Ma ciò che più conta è che sfrutta tutti i servizi di Azure, in primis il Machine Learning, aggiungendo dunque elementi di ulteriore valore all’analisi dei dati”.
Nella visione di Porini, la soluzione Analytics for Operations è in grado di supportare l’azienda nel suo processo previsionale, grazie a motori statistici che lavorano su ogni elemento quantitativo.
“Porini non si limita a fornire la soluzione – conclude Pozzi -. Mettiamo a punto con i nostri clienti modelli e metodologie, aiutandoli nello studio delle serie storiche, nella modellizzazione, nella classificazione, tenendo conto delle specificità dei loro mercati di riferimento, con l’obiettivo di minimizzare gli errori previsionali ed integrare nei singoli contesti fonti informative esterne rilevanti per migliore il processo previsionale”.

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