Advertising, Nicotra (Neodata): “Serve un ‘better profiling’ per superare i cookies”

Il Chief Technology Officer di Neodata Group, azienda specializzata nell’offerta di tecnologie e soluzioni per l’analisi dei dati: “Il mercato dei cookies di terze parti sta per sparire. Andiamo verso una profilazione più attenta, trasparente ed efficace per gli utenti finali e per le aziende”

Pubblicato il 17 Mar 2020

Nicotra-Salvo_NeodataGroup

La fine dell’utilizzo dei cookies di terze parti può essere una grande opportunità, sia per gli utenti e sia per chi compra e vende servizi legati al mondo dell’advertising online. Sarà un’opportunità positiva per regolamentare il settore e per renderlo più trasparente, democratico e aperto a player diversi dai giganti che oggi dominano il mercato. “L’utente finale può guadagnarne sia perché può ricevere sconti o agevolazioni in cambio di una cessione consapevole dei propri dati, sia perché può ottenere i vantaggi di una profilazione migliore, più attenta alle sue reali esigenze – spiega in un’intervista a CorCom Salvo Nicotra, Chief technology officer di Neodata, azienda specializzata nell’offerta di tecnologie e soluzioni per l’analisi dei dati – nel contempo realtà come la nostra non saranno più relegate al ruolo di outsider costretti a ritagliarsi uno spazio in un mercato dominato da giganti, ma potranno conquistarsi il ruolo di precursori tecnologici, sperimentatori agili in grado di anticipare sul campo le innovazioni, in un mercato in cui le agenzie di marketing sono e saranno sempre più portate a diversificare i propri investimenti”. 

Nicotra, qual è oggi la situazione sul mercato e come si sta evolvendo il ruolo dei cookies? 

Il cookie è di per sé uno strumento tecnologico previsto dal protocollo di navigazione nelle pagine web: si “deposita” nel browser dell’utente un piccolo file in cui possono esserci informazioni utili per identificarlo. Serve quindi per immagazzinare dati utili per ricollegare l’esperienza dell’utente con il sito web che visita. Originariamente era utilizzato per scopi semplici e molto tecnici, come l’impostazione del frequency cap, vale a dire il limite di esposizione dell’utente allo stesso messaggio pubblicitario o alla stessa campagna. Ma con il diffondersi dell’utilizzo del cookie di terza parte, quello cioè che consente l’utilizzo dei cookie a soggetti diversi con cui un sito ha stretto accordi, hanno iniziato a subentrare problemi di sicurezza e di privacy. Con questa tecnologia infatti può capitare, e capita spesso, che ci siano rapporti di scambio consensuali tra siti, anche quando l’utente non ne è direttamente a conoscenza. 

I browser però hanno iniziato ad allontanarsi da questa pratica…

Safari ad esempio ha già rinunciato a utilizzarli, ma nel caso di Apple è più facile, perché non è direttamente presente nel mercato della pubblicità online, e quindi non ha molto da perdere. Ma la stessa decisione è stata presa anche da Firefox, e questo, insieme all’introduzione della cookie law sui consensi prima e del Gdpr poi, ha portato anche Google ad adeguarsi con una strategia però più diluita nel tempo. Google ha infatti annunciato di aver avviato un percorso di rafforzamento della privacy dei propri utenti che la porterà gradualmente, nell’arco dei prossimi due anni, a rinunciare all’utilizzo dei cookies di terza parte. Si tratta, dal mio punto di vista, di una grande opportunità di mettere ordine nel settore.

Qual è la strategia messa in campo da Google?

Non riguarda direttamente l’identificazione dell’utente, che può avvenire anche senza cookies, tramite una serie di strumenti. Ad esempio, in ambito mobile è stato definito un identificativo anonimo per advertising che l’utente può liberamente decidere di resettarlo o disabilitare. Questo vuol dire che stiamo spostando il tema dell’identificazione dell’utente dalla registrazione a sua insaputa a un livello successivo, che dovrà essere più “pulito” e trasparente. L’utente sarà in questo modo chiamato ad avere un ruolo più attivo nella condivisione dei propri dati, in modo più autonomo e dichiarato. Su questo tema così Google ha fatto un primo passo annunciando ad agosto la creazione di una “privacy sandbox”, un sistema che in questo modo risulta rispettare la privacy by default e – almeno negli intenti – rende più difficile la profanazione ma anche tentativi di frode e lo spam. La proposta è stata accolta positivamente dal W3C (World wide web consortium), attualmente discussa in seno al tavolo sul web advertising, in cui siede anche Neodata insieme ad altri 107 partecipanti.

Cosa vuol dire per Neodata la fine di questo genere di cookies?

Noi non siamo collegati ai cookies per definizione- Noi siamo cookieless by design. Questo anche grazie al fatto che il mercato sta cambiando, e che quindi le piattaforme accettano non soltanto i cookies, ma anche identificativi più forti, come le e-mail e i numeri di telefono. Il primo passo sarà identificare l’utente non attraverso il browser che utilizza o il suo dispositivo, ma con identificativi personali forti e sicuri, nel pieno rispetto di tutte le norme sulla privacy. Per questo lavoriamo mettendo al centro la sicurezza mettendo in campo diverse tecniche quali criptazione ed anomizzazione per rendere sempre sicuro il dato di origine. Il secondo passo è poi quello di utilizzare liste di utenti identificati da credenziali forti collegando le sorgenti datai di prima parte, con la costruzione di segmenti ad  hoc.  Così facendo rimaniamo fedeli alla nostra scelta di non vendere i dati né di consentire la loro acquisizione a provider esterni. In un futuro molto prossimo, stiamo già iniziando a valutare la creazione di una rete italiana all’interno della quale si potranno abilitare meccanismi di exchange trasparenti. Guardando dal punto di vista dell’utente, questo sarà in grado di sapere che tipo di informazioni sul proprio conto rende disponibili e che tipo di utilizzo ne verrà fatto, con la possibilità ovviamente di ricevere qualcosa in cambio di questa disponibilità. 

Si arriva così al cosiddetto “grafo di identità”?

Esattamente. Questo potrebbe essere il momento migliore per gettare le basi della costruzione di una “trusted identity” digitale, che potrebbe consentire ai brand di fare misurazioni anche cross-device. Un grafo è una rete che collega diversi punti, in cui ci sono punti uniti da linee. Nel caso specifico ogni punto è un identificativo , e le linee collegano le diverse identità dello stesso utente (es. un numero di telefono associato ad una mail). Utilizzando questa “cartina” sarà possibile analizzare gli utenti e indirizzare messaggi su misura. Ovviamente senza fare mai nulla che non sia trasparente o identificabile, dando ai singoli la possibilità di essere consapevoli di ciò che succede. Tra gli scenari ipotizzabili relativi alle scelte e alla privacy potrebbe esserci anche quella di tenerne memoria attraverso una blockchain. 

Queste novità non rischiano di sconvolgere gli attuali equilibri del mercato?

La previsione è quella di un prossimo cambiamento dell’ecosistema del digital advertising. Abbiamo già attraversato diverse fasi evolutive, dall’assenza di pubblicità on line, al troppo affollamento di messaggi di advertising, portando così  all’ad blocking. Da qui è nata la mobilitazione degli addetti ai lavori per un “better advertising”: il prossimo passo sarà quello del “better profiling”. Qualcuno non avrà la capacità di adattarsi, in Neodata, invece siamo già proiettati a verso questa prospettiva, e sfrutteremo l’opportunità per migliorare e offrire soluzioni tecnologiche sempre allo stato dell’arte. 

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