Healthcare: 45 mila posti di lavoro con innovazione e digitale

La pandemia da COVID-19 e la crisi economica che ne è derivata impongono una riflessione sul settore, sia per quanto riguarda lo stato del Servizio Sanitario Nazionale, sia per quanto riguarda la capacità di creazione del valore degli attori domestici del Life Science

Pubblicato il 06 Ago 2020

BCG- Ricerca Healthcare

Secondo Boston Consulting Group (BCG), creare in Italia un polo di innovazione in ambito Healthcare e rafforzare i modelli digitali garantirebbe la creazione di circa 45 mila posti di lavoro e una crescita del 16% del PIL del settore. Se le regioni con performance sanitarie peggiori raggiungessero anche solo il valore medio italiano, ogni anno potrebbero essere salvate almeno 25 mila persone, con una riduzione di quasi il 5% del totale dei decessi. Fra le strategie di crescita suggerite per l’Italia, quella di un maggiore focus sulle malattie rare, dove risultano minori barriere all’ingresso.

La riforma del modello sanitario

Il Sistema Sanitario Nazionale italiano rientra fra i migliori al mondo quanto a universalismo delle cure, esiti di salute e costo/efficacia (8.9% PIL vs 9.7% in UK e 17.2% in USA). Tuttavia, è sottoposto a crescenti pressioni che ne minacciano la sostenibilità nel lungo periodo e ne mettono in discussione il concetto di “universalismo”.

Avvicinare i servizi ai pazienti, assecondando la transizione alla prossimità e ripristinando il ruolo della medicina territoriale;  porre l’attenzione sul valore e sull’equità distributiva, a partire dal miglioramento degli esiti di salute e dal ripristino dell’omogeneità di accesso ai servizi in tutte le geografie; fare leva sulle capacità e sulla disponibilità di investimento del settore privato, portandolo ad avere un ruolo integrativo e non duplicativo; promuovere la digitalizzazione dei processi clinici e organizzativi, come fattore abilitante. Sono queste le azioni principali che BCG suggerisce per una positiva evoluzione del Sistema Sanitario.

Le politiche di innovazione nelle Life Science

Con più di 30 miliardi di euro di fatturato, primo produttore di farmaci in Europa, con una crescita positiva in controtendenza rispetto al PIL, il mondo del Life Science (che include l’industria farmaceutica, quella biotecnologica, e della produzione di dispositivi biomedici e i servizi sanitari) in Italia rappresenta un settore rilevante che focalizza risorse importanti nella ricerca e sviluppo (circa 2,3 miliardi di euro d’investimento l’anno).

Un ritardo persiste nella formazione di capitale umano. Il talent pool sembra in linea con gli altri paesi OECD per gli studi ingegneristici (14,8%, in linea con la media europea), più indietro per le scienze (7% contro una media europea di 13%). Mancano strutture dedicate all’attrazione dei talenti sui canali più frequentati dai giovani, a cominciare da web e app. Resta necessario un allineamento agli standard internazionali in materia di meccanismi incentivanti, così da competere alla pari nell’attrazione di talento dall’estero.

Secondo BCG occorre definire un migliore focus strategico delle iniziative, una forte governance a supporto delle azioni messe in campo, rafforzare il supporto delle Istituzioni e il sistema di fondi. Interventi di questo tipo potrebbero generare una crescita costante per i prossimi 10 anni del 10-15% annuo del numero di brevetti e pubblicazioni, con la creazione di circa 20.000 posti di lavoro, ed un impatto di 3 miliardi sul turn around del settore farmaceutico.

Le strategie di valore per le aziende italiane

Affinché le aziende italiane possano creare valore, BCG ritiene fondamentale affrontare due sfide, quella della scala e quella dell’innovazione. I player italiani devono competere in un mercato globale, partendo da una situazione di svantaggio dimensionale. Oggi il fatturato complessivo delle prime tre aziende farmaceutiche italiane arriva a 7 miliardi di Euro. Lo stesso valore, in Francia o in Germania, è intorno ai 40 miliardi di Euro. Per innovare è necessario investire in ricerca ma, nel farmaceutico, gli investimenti in R&S ad oggi in Italia si fermano al 5% del valore totale della produzione, mentre in Francia e Germania si attestano rispettivamente intorno al 9% e al 12% del fatturato.

Per uscire dallo stallo le aziende italiane dovrebbero innanzitutto scegliere campi in cui il gap dimensionale non rappresenti una barriera al successo, come ad esempio quello delle malattie rare. Nell’area metabolica esistono oltre 100 orphan drug (medicinali potenzialmente utili per trattare una malattia rara), quasi 50 nell’area delle retinopatie ereditarie.

Secondariamente, occorre perseguire l’internazionalizzazione come mezzo per crescere rapidamente e raggiungere una scala maggiore. Negli Stati Uniti il prezzo dei farmaci resta circa in media di quattro volte superiore a quello dei paesi europei e i paesi in via di sviluppo.

Infine, è importante fare leva sulle discontinuità portata dal Covid-19 per adottare modelli commerciali innovativi puntando sul digitale. Infatti, l’emergenza ha acuito il calo delle visite face to face (con la percentuale dei medici che ancora adottano questa modalità di interazione diminuita dal 69% al 29%), a fronte dell’aumento delle conversazioni via email (dal 25% al 39% dei medici), delle telefonate (+ 9 ppt, da 19 a 28%), dei webinar (da 15 a 30%) e di tutti gli strumenti di interazione da remoto.

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